TEATRO DELLE ARIETTE
L'assente



da "il dolore" di Marguerite Duras
un progetto di
Paola Berselli e Stefano Pasquini
con il lavoro di Paola Berselli, Maurizio Ferraresi, Stefano Pasquini
regia Stefano Pasquini

TEATRO DELLE ARIETTE 2004


"Il dolore" è un diario, una traccia fedele della vita della Duras a Parigi tra il '44 e il '45, quando militava nei ranghi della Resistenza in attesa del ritorno del marito deportato.
Scrive Marguerite Duras: "Ho ritrovato questo Diario in due quaderni negli armadi blu di Neauphle-le-Chateau. Non ricordo di averlo scritto. So che è opera mia, sono stata io a scriverlo, riconosco la calligrafia e i particolari del racconto, rivedo il luogo, la stazione d'Orsay, gli spostamenti, ma non mi vedo nell'atto di scrivere questo Diario. Quando posso averlo scritto, in che anno, a che ora del giorno, in quale casa? Non lo so più".
"Il dolore" ci è stato indirettamente e inconsapevolmente suggerito da un anziano amico, Gino Venturi e dalla infinita catena di assenze provocata dalla sua deportazione nei campi di concentramento dal '43 al '45, da dove in una lettera scriveva alla moglie: "Se mi vedessi non mi riconosceresti".

Stavamo lavorando, io e mio marito, con un gruppo di anziani ex partigiani e ex deportati a una riscrittura di Antigone nella seconda guerra mondiale.
In libreria ho notato un libro di Marguerite Duras, una raccolta di racconti, "Il dolore".
Questo titolo, la foto di copertina, gli anni in cui era stato scritto, mi hanno colpita.
Ho comprato il libro. Ho letto "Il dolore" in poche ore e ho pianto.
L'ho riletto e ho provato dolore per quel dolore, ho provato dolore per quell'amore.
Ho pensato a mio marito, all'abbandono, al sacrificio. Ho provato rabbia per me, per l'uomo, per la storia. E ho deciso di leggere ancora "Il dolore".

Paola Berselli

La struttura de L'ASSENTE è molto precisa.
Nessun attore in scena. La scena è tutto, è il luogo dove stanno gli spettatori: stanza, cantina, teatro, biblioteca... Gli spettatori sono dentro la scena.
Si sente soltanto una voce, è la voce di Paola che legge il diario. La voce arriva attraverso piccole casse acustiche che stanno dentro la scena. È la scena che parla.
Paola legge davvero, ma davanti a un microfono, in un altro luogo, assente.
Così la scena, in tutti i suoi particolari, si reinventa secondo l'ambiente che la accoglie, dando luogo a possibili "non visioni" ogni volta diverse.
Rimane ogni volta l'assenza, l'attesa di un arrivo, di un ritorno impossibile.