Novembre 2020 – estate 2021
STRANIERI?


Castelfranco Emilia (MO)
 














Il progetto STRANIERI? è un percorso di teatro e cinema realizzato per il Comune di Castelfranco Emilia (MO) tra la fine del 2020 e i primi mesi del 2021. Ha raccolto i pensieri, i racconti e le testimonianze dei cittadini fino alla realizzazione del film documentario Stranieri?
Il progetto fa parte del progetto Ex.stra - Extracomunitari, stranieri, cittadini o ex stranieri.
Il progetto EX.TRA rientra nel progetto Shaping Fair Cities, finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma DEAR e ideato e coordinato dalla Regione Emilia – Romagna, con la partecipazione di 17 partner di 8 Paesi europei e 2 Paesi non UE, che mira ad integrare gli obiettivi dell’Agenda 2030 all’interno delle politiche locali
Il progetto è stato realizzato in collaborazione con le Associazioni di Castelfranco Emilia:
Associazione Arci solidarietà, Associazione Cittadinanza attiva, Associazione Cuore in gamba,
Associazione Culturale Islamica, Associazione Dynamis, Associazione La Palma, Centro culturale Almo, Cooperativa Sociale Caleidos, Comunità Indiana, Proloco Castelfranco Emilia

Il teatro va incontro ai cittadini, nei luoghi di vita e aggregazione sociale, fuori dagli spazi deputati, raggiunge realtà marginali e periferiche, crea tessuto di relazione, rafforza il sentimento di appartenenza alla comunità, pone domande agli individui e alla società.
Tra i nostri vicini di casa ci sono indiani, francesi, napoletani, modenesi, bolognesi, slavi, africani… anche il nostro comune, come tutti gli altri, è composto di cittadini di origini, lingue, culture e religioni differenti.

Usiamo spesso la parola straniero.
Ma ci siamo mai interrogati sul significato profondo di questa parola?
Se vivo a Castelfranco da 28 anni ma sono nato a Bologna, a Castelfranco sono straniero?
Chi è uno straniero?
Come riconosci uno straniero?
Quali elementi identificano la condizione di straniero?
È una questione di luogo di nascita? Di residenza? Di nazionalità? Di lingua? Di cultura? Di caratteristiche somatiche? Di condizione (studente, turista, lavoratore)?
Ti senti o ti sei mai sentito straniero?
Essere straniero condiziona il diritto alle pari opportunità?
Lo straniero ha diritti limitati?

È questa la riflessione che vogliamo proporre a tutta la comunità, per non dimenticare i valori fondamentali della nostra cultura.
Useremo il linguaggio del Teatro e del Cinema documentario.
Coinvolgeremo individui, associazioni e realtà del territorio che diventeranno protagonisti del processo di costruzione di un film documentario. Grazie alla loro collaborazione presenteremo a Castelfranco il nostro spettacolo “Io, il couscous e Albert Camus”. Alla fine, consumando insieme il couscous preparato durante lo spettacolo, trasformeremo la scena in assemblea e discuteremo con gli spettatori del significato della parola straniero, stimolando il racconto autobiografico di esperienze di vita e riflessioni personali. Poi spiegheremo il progetto del film documentario che intendiamo realizzare e fisseremo un calendario di appuntamenti con le associazioni e gli individui che decideranno di aderire al progetto accettando di incontrarci per raccontarci esperienze di vita e discutere con noi sul concetto di straniero.
Stefano Massari e Carlotta Cicci, con la telecamera, seguiranno tutto il percorso di incontri e interviste. Con il materiale girato realizzeranno il film documentario “STRANIERI?” che raccoglierà i pensieri, i racconti e le testimonianze degli individui e delle associazioni che accompagneranno il progetto e dei cittadini che incontreremo casualmente nelle piazze, al mercato e nei luoghi di aggregazione sociale. Il film sarà presentato pubblicamente, come momento conclusivo del progetto, in una situazione di festa popolare durante la quale la comunità di Castelfranco condividerà il cibo e la visione del film che ha contribuito a realizzare e di cui è protagonista.

Azioni previste

1) Azione teatrale di promozione del progetto. (20-23 ottobre 2020).
Nei giorni precedenti lo spettacolo, attraversando il territorio con una minuscola roulotte trainata da una 2CV bianca, armati solo di un megafono a batteria rosa, incontreremo i cittadini e le associazioni per pubblicizzare il progetto e invitarli a partecipare allo spettacolo inaugurale.
2) Presentazione pubblica dello spettacolo del Teatro delle Ariette: IO, IL COUSCOUS E ALBERT CAMUS. (24 ottobre 2020).
Al termine, consumando insieme il couscous preparato durante lo spettacolo, la scena si trasformerà in assemblea. Discuteremo con gli spettatori del significato della parola straniero. Spiegheremo il progetto del film documentario che intendiamo realizzare. Fisseremo un calendario di appuntamenti con le associazioni e gli individui che decideranno di partecipare al progetto.
3) Incontri di condivisione e realizzazione del progetto, racconti autobiografici e interviste. (novembre-dicembre 2020)
È il momento in cui incontriamo individualmente i cittadini e le Associazioni che hanno accettato di collaborare. Racconteremo quello che intendiamo realizzare grazie alla loro collaborazione. È il momento per conoscersi intimamente e scambiare storie ed esperienze. È il momento del racconto autobiografico, della testimonianza e di una riflessione comune sul tema dell’identità, delle origini e del sentimento di appartenenza.
Gli incontri saranno ripresi con la telecamera e forniranno il materiale fondamentale per la realizzazione del film.
4) Realizzazione del film documentario “STRANIERI?” (gennaio 2021).
Con il materiale raccolto durante la realizzazione delle azioni 2 e 3 procederemo al montaggio del film documentario della durata di 40 minuti.
5) Restituzione finale con proiezione in anteprima del film “STRANIERI?” (febbraio 2021).
In una situazione di festa popolare, in una sala con un grande schermo e grandi tavolate, i cittadini condivideranno dapprima il cibo e poi la visione del film documentario che li vede protagonisti.

Riflessioni finali del progetto
Le cose dovevano andare in un altro modo. Avevamo immaginato di cominciare il progetto agganciando la piccola roulotte di Maurizio alla sua Due Cavalli bianca e partire per le strade di Castelfranco, armati solo di un piccolo megafono rosa. Come si faceva una volta per fare la pubblicità degli spettacoli, delle assemblee, delle feste dell’Unità o della parrocchia. Una macchina che gira per le strade del paese con un altoparlante, le trombe sul tetto e invita i cittadini a partecipare.
Avremmo attraversato il centro di Castelfranco e le frazioni, da Gaggio a Piumazzo, da Rastellino a Recovato, a Manzolino, a Cavazzona, quasi a passo d’uomo, dicendo al megafono rosa: “Domani sera grande spettacolo, nel Giardino dei Campanelli, dietro al Teatro Dadà. Il Teatro delle Ariette presenta IO, IL COUSCOUS E ALBERT CAMUS. Siete tutti invitati a partecipare, lo spettacolo è gratuito. E durante lo spettacolo prepariamo anche il couscous, per voi, da mangiare tutti insieme alla fine. C’è anche l’assemblea alla fine dello spettacolo, per discutere insieme sul significato della parola straniero. Siete tutti invitati, vi aspettiamo”. E le persone si sarebbero fermate a guardare quella macchina con la roulotte dietro avanzare a passo d’uomo. Qualcuno avrebbe puntato lo smartphone e scattato delle fotografie da condividere su Facebook. E anche noi ci saremmo fermati, saremmo scesi dalla macchina e avremmo cominciato a parlare con loro, a fare domande, a dare risposte. In quelle occasioni si parla quasi sempre del più e del meno, di cosa si mangerà a cena, di quello di cui parla lo spettacolo, se facciamo davvero il couscous, delle nostre origini, da dove veniamo. E noi chiediamo: “da quanto tempo vivi a Castelfranco? E prima dove stavi? Perché sei arrivato qui?”.
Il giorno dopo avremmo allestito lo spettacolo nel Giardino dei Campanelli, avremmo accolto gli spettatori, raccontato la nostra storia: la storia vera di Pasqui che quando aveva 17 anni, nel 1978, partiva per la Francia, innamorato, seguendo una ragazza di origine spagnola, e quasi quasi andava a finire che diventava un emigrante, che rimaneva a vivere in Francia per tutta la vita, come uno straniero. Ma poi invece dopo qualche mese tornava a casa e le cose andavano in un altro modo.
Le cose dovevano andare in un altro modo, forse da qualche parte era scritto così.
Chissà, forse nella vita è il caso che determina gli eventi. Una macchina che non parte, un treno in ritardo, un amore che finisce, un malinteso, un virus, e tutto quello che avevamo immaginato, programmato e pensato sfuma, la vita cambia, il corso degli eventi prende un’altra strada, ci porta altrove, in una terra sconosciuta che ci fa sentire stranieri.
È andata così. Niente Due Cavalli con roulotte, niente spettacolo, niente couscous. Teatri e cinema chiusi, bar e ristoranti a mezzo servizio, mascherine e coprifuoco. Tenersi distanti, lontani, stare in casa, al sicuro, evitare contatti con gli sconosciuti. Non uscire dalla casa, dal comune, dalla regione, dallo stato. Sottoporsi a controlli, coprifuoco, autocertificazioni, tamponi, sierologici e mascherine. Tutti stranieri dietro le mascherine. Non riconoscere più i vicini, i conoscenti, a volte nemmeno gli amici. Ritrarre la mano, fare un passo indietro, o di lato e non capire più i codici di comportamento. Fare inutili sorrisi invisibili, vedere gomiti spigolosi che si sfiorano, sentire parole soffocate che non riusciamo più a decifrare, come se parlassimo una lingua straniera. E avere paura, paura, tanta paura di non spiegare, di non capire, di non sapere come fare, come comportarsi, per essere gentili, per non ammalarsi. E stare sempre all’aperto e in piedi, a mangiare, a bere, a chiacchierare, aprire le finestre d’inverno, prendere freddo, vedere i bambini giocare in cortile, nel fango, sotto la pioggia, come non facevano più. Andare a lavorare e poi tornare a casa, stare in famiglia, in pochi, anche a Natale, come in esilio, come straniero che non può tornare al paese, perché al paese ci sono la fame e la guerra.
E quegli sguardi che avremmo dovuto incontrare durante quello spettacolo che non abbiamo potuto fare, li abbiamo cercati in questi mesi d’inverno camminando sotto i portici, sulla Via Emilia, attraversando il mercato, percorrendo le strade di pianura che portano alle frazioni: una barista gentile, una famiglia rumena che gioca a pallone sulla via Emilia la domenica pomeriggio, un giovane parroco che ci ospita un sabato mattina di pioggia ...
Adesso respiro, dietro la mascherina, e guardo con occhi che non avevo prima questa terra diventata straniera. E cerco tracce d’amore da raccogliere come briciole, come perle, come tesori. Cerco messaggi d’amore nelle parole che non conoscevo e comincio oggi a incontrare, nello sguardo che prima mi era straniero e che ora non più.